“Beijo do Gordo!” Addio Jô Soares.

Quando, ormai più di dodici anni fa, decisi di intraprendere l’esperienza di realizzare questo blog sul Brasile, nel quale condensare tutta la mia passione per questo meraviglioso paese, per la sua cultura e le sue tradizioni, una delle fonti che mi ispirò maggiormente fu un programma televisivo, molto popolare, che andava in onda a tarda sera sulla Rede Globo e che si chiamava “O programa do Jô“. Si trattava di un programma storico della tv brasiliana, andato in onda nelle sue varie versioni per più di 25 anni, che replicava il classico schema dei talk show americani, con il gruppo musicale, il pubblico che interagiva con il conduttore e, chiaramente, la presenza di ospiti da intervistare. Ma si distingueva molto per lo stile di conduzione, che era un misto di forbito e popolare, tutto tenuto insieme da un umorismo tipicamente brasiliano del conduttore, che non si faceva tanti riguardi nell’usare qualche parola colorita o qualche espressione forte per rafforzare alcuni concetti o punteggiare alcuni passaggi.

Jô Soares era tante cose: principalmente un autore teatrale e televisivo, un giornalista e scrittore di successo, ma occasionalmente anche un attore, un regista, con frequentazioni nel mondo delle arti plastiche e della musica (si vantava di aver suonato i bonghetti in un disco di Elis Regina, e questo non è da tutti, diceva scherzando). E tutte queste cose erano tenute insieme, come già detto, dal suo eccezionale umorismo, che traspariva in qualunque aspetto della sua vita e del suo lavoro, anche nei momenti meno opportuni; come durante un intervista con la “presidenta” Dilma Roussef (rigorosamente con il tu, perché nel suo programma tutti gli ospiti venivano trattati allo stesso modo, senza distinzioni di classe sociale) o nei suoi libri, come il best-seller As esganadas, nel quale un serial killer spietato e senza cuore, si muove in uno scenario così surreale e grottesco da suscitare una ilarità quasi inopportuna.

Ho usato finora la forma al passato perché, come i lettori più sagaci (o meno stupidi) avranno capito, questo importante personaggio è morto ieri, a 84 anni, lasciando tutto il Brasile in uno stato di grande prostrazione. Anche io, nell’apprendere questa notizia stamattina, attraverso un messaggio whatsapp di una mia cara amica brasiliana, sono stato colpito da un sincero dispiacere, al punto tale che, tornato a casa dal lavoro, ho deciso di riprendere in mano questo blog, dove ormai per problemi di tempo non scrivo più con la cadenza di un tempo, togliere qualche ragnatela, e lasciare qualche ricordo di Jô, da grande fan quale sono. Bora lá, cominciamo.

Viva o Gordo e gli altri programmi umoristici, Jô onze e meia, O programa do Jô

Molti anni fa, decisi in maniera molto impulsiva, come si fa con le vere passioni, di cominciare a raccontare quello che più mi affascinava del Brasile. I post raccontavano le cose che mi avevano incuriosito: musiche ascoltate da piccolo, film, personaggi storici e del mondo della cultura e tanto altro (tutto chiaramente disponibile nell’archivio storico del blog per chi volesse dare un’occhiata). E tra queste cose c’erano anche molti sketch comici tratti da Viva o gordo, una trasmissione umoristica brasiliana dei primi anni ’80, scritta da Jô Soares con la collaborazione di Max Nunes, altro grande umorista e autore brasiliano, nella quale il nostro Jô si trasformava in moltissimi personaggi, anche molto audaci e innovativi per il tempo, come il famoso e divertente Capitão Gay, coadiuvato dal suo fido collaboratore Carlos Suely, un mix tra supereroi e drag Queens o, detta diversamente, una versione più stramba di Batman e Robin.

In quel periodo assorbivo tutto ciò che era legato al Brasile in qualche modo; seguivo film, miniserie, programmi della TV cultura (un’emittente specializzata in documentari e programmi storici) e persino novelas, quelle belle e storiche della Rede Globo o della SBT. Mi piaceva la lingua, il sotaque, cioè la pronuncia delle parole, volevo imparare la lingua e contestualmente capire quante più cose possibili della realtà brasiliana. Molto, in questa fase di apprendimento, veniva dai talk show come Jô onze e meia, che andava in onda proprio intorno alle undici e mezzo di notte, e dal già citato Programa do Jô del quale credo di aver visto tutte le interviste che circolavano su YouTube (molto maggiori di quelle che si trovano adesso, dopo che la Rede Globo ha, giustamente, rivendicato i suoi diritti di autore, chiedendo la rimozione di molti contenuti). Sotto la “vinheta“, la famosissima sigla di apertura de O programa do Jô, suonata dal celeberrimo sexteto di musicisti:

Jô Soares autore di libri

Circa dieci anni fa, forte della mia “conoscenza” di allora della lingua portoghese, decisi che ero pronto per leggere il mio primo libro in lingua originale e, siccome mi piaceva molto Chico Buarque come autore di testi di canzone, pensai che poteva essere una buona idea cominciare questa esperienza di lettura con il suo famoso romanzo Leite derramado (latte versato), anche perché mi attirava molto il titolo.

Fu un disastro! Non avevo la conoscenza che ho adesso della lingua (oggi la maggior parte dei libri che leggo sono in portoghese) e questo libro era pieno di metafore, di parole a me sconosciute. Una persona che conosco, brasiliana, mi diede una “dica“, un consiglio: mi disse di lasciar perdere Chico per il momento, e di prendere in considerazione autori più leggeri (ma non per questo meno importanti), come Luiz Fernando Veríssimo o Jô Soares, appunto). Io non sapevo che quest’ultimo fosse anche scrittore. Feci una ricerca e scopri che Jô aveva all’attivo tre o quattro libri di successo e, siccome io faccio sempre le cose dall’inizio, partii dal primo, che non è O Xangô de Baker Street, come la maggior parte delle persone pensa, bensì O astronauta sem regime una raccolta di racconti umoristici.

Fu realmente un ottimo consiglio! imparai sorridendo, dizionario alla mano per decifrare quei termini che ancora non conoscevo. Poi completai la conoscenza degli altri libri più famosi di Jô come il già citato O Xangô di Baker Street, O Homem que matou Gétulio Vargas, Assasinados na Academia Brasileira de Letras . Letture appassionanti e piene di colpi di scena.

Un pensiero finale

In un famoso discorso introduttivo ad un concerto in onore del suo famoso collega chitarrista M° Andrés Segovia, il M° Narciso Yepez disse che “quando qualcuno va via da questo mondo lascia un’impronta, un atomo di coscienza” che è tanto maggiore quando la persona è conosciuta e amata. A molte persone, che non vivono la realtà brasiliana, il nome di José Eugênio Soares, più noto come Jô Soares non dirà niente ma in Brasile Jô è solo lui, o gordo, il grassone che non voleva essere chiamato gordinho, con un diminutivo, perché non rendeva l’idea e non gli piacevano le cose fatte a metà.

Jô Soares era un uomo semplice quanto colto, poliglotta, che diceva di non aver paura della morte perché non ha senso spostare più avanti una cosa inevitabile. Per lui la paura più grossa era di non riuscire a portare avanti i suoi progetti, che comunque sono stati tanti. Un uomo amato e a volte disprezzato, soprattutto da chi gli invidiava i soldi, il successo, la sua capacità di vivere le cose con quella leggerezza profonda che solo le persone complete sanno fare.

A me mancherà Jô. Lo so già. Soprattutto perché ha dimostrato che nella vita si può essere interessanti, amati, stimati anche senza essere perfetti. Si può essere affascinanti anche indossando un vestito pur non avendo un fisico adeguato, anzi facendo di questo un punto distintivo. Mi mancherà quel suo “Beijo do Gordo!” che chiudeva sempre i suoi appuntamenti televisivi.

Ultimo video è un epilogo di una puntata de O programa do Jô, con una dedica al suo unico figlio Rafinha, autistico, morto qualche anno fa a cinquant’anni.

dal minuto 1: “la vita continua… la vita è.. sai… quello che veniamo a fare qui… vivere. Il programma è dedicato a mio figlio Rafinha ….Beijo do Gordo!”

Potete trovare altri contenuti su Jô Soares nel blog facendo una ricerca dall’ home page

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